Essere stato con “Paesi alti” nella terzina finalista al Premio della montagna Cortina d’Ampezzo 2016 mi ha fatto molto piacere, anche perché mette insieme un po’ di fatti della mia storia familiare e dice qualcosa sull’origine delle storie che scrivo.
Per tutto il mondo Cortina è un luogo di ricchezza, celebrità, film, sport, vetrine, moda, vip, ma per me che ho sempre vissuto in Alpago (a 80 chilometri di distanza), Cortina è soprattutto un luogo che mi fa pensare a gente che ci va per lavorare.
Dalla metà del ‘900 i miei nonni (materno e paterno) hanno fatto i muratori nella Perla delle Dolomiti, così come mio padre con cui ho vissuto nelle baracche del cantiere edile negli anni ‘70. Mio fratello ha fatto il falegname e io stesso ho fatto l’imbianchino negli anni ’80.
Ma la tradizione dell’emigrazione verso Cortina è molto più antica:
“Perciò si parte dai poveri villaggi delle valli che stanno di qua, dai paesetti con le case nere che stanno appollaiate sui pendii magri, senza campi, senza terre; si parte, si valica, si può andare a Hoden a fare la stagione dei fieni”.
Così descrive Cortina, che lei chiama Hoden, a ridosso della Prima Guerra Mondiale, Giovanna Zangrandi, nome d’elezione dell’emiliana Alma Bevilacqua (1910-1988), autrice del romanzo “I Brusaz” che ha vinto il Premio Deledda nel 1954 e racconta la montagna del lavoro e della fatica, della natura indomita, delle bestie, delle falci, del fieno, della vita e della morte nelle valli. E racconta delle donne. Nelle pagine della Zangrandi non c’è la montagna avventurosa dell’arrampicata e nemmeno quella estetico-mistica che ti dà risposte sul senso della vita:
“Hoden stessa, al centro dell’abitato, è come una città, con i portici, ed i negozi, i caffè e gli empori, gli alberghi, che ormai si chiamano hotels e ci vengono gli inglesi, scalano montagne e fanno stramberie, scoprono chissà che.”
E poi c’è Ernest Hemingway che nel racconto “Fuori stagione” (nella raccolta del 1938 “I quarantanove racconti”) narra di Cortina in un giorno di pioggia, di un giovanotto americano, della moglie, di un buon torrente per pescare le trote e della loro guida, un povero vecchio cortinese dimesso e dedito all’alcol.
“I muratori che con le loro giacche impolverate lavoravano alle fondamenta del nuovo albergo alzarono gli occhi mentre passavano. Nessuno aprì bocca o fece loro un segno, tranne il mendicante del paese, vecchio e sparuto, con una barba impastata di saliva, che si tolse il cappello mentre passavano”.
Cortina è sempre Cortina, il torrente di Hemingway è il Boite che scende impetuoso e i muratori sono i miei nonni o mio padre. Mi piace pensare che possa essere così, che la narrativa, anche quella di montagna, sfiori la vita vera e parli ancora di chi lavora, vive, tribola, cade, si rialza. Dei segantini che affilano la falce con la cote, dei muratori impolverati, delle donne sole, degli ubriaconi che bevono marsala ed elemosinano qualche lira. La Zangrandi chiama Cortina Hoden e Hemingway non dice nel breve racconto “Fuori stagione” che la guida cortinese morirà suicida, però nelle loro storie c’è la verità che amo, quella di chi ha vissuto, visto e poi narrato.
E mi piace perfino credere che Cortina d’Ampezzo, Giovanna Zangrandi, i muratori, Hemingway, gli anni ’50 e Tonìn dei “Paesi alti” stiano tutti insieme, là sulla montagna di chi ci lavora e ci vive.
PREMIO CORTINA D'AMPEZZO 2016
Motivazione di accesso alla terzina Premio della montagna Cortina d'Ampezzo 2016 per "Paesi alti"
"Una storia di sentimenti ruvidi e forti raccontati in una scrittura la cui gergalità paesana si scioglie nella proprietà di una prosa limpida e vigorosa, per la qualità del racconto e di uno stile che ad esso regala un particolare risalto espressivo".
I finalisti del Premio, nella sezione narrativa italiana: Luciano Canfora, autore di “Tucidide” (Laterza) e Diego De Silva, autore di “Terapia di coppia per amanti” (Einaudi). Per il Premio della Montagna: Antonio G. Bortoluzzi, autore di “Paesi alti” (Ed. Biblioteca dell’Immagine) e Wally Dall’Asta, autrice di “L’amaro sapore del mallo” (Tabula Fati).
Vincitori: Paolo Maurensig con “Teoria delle ombre” (Adelphi) e Matteo Righetto con "Apri gli occhi" (TEA).