L’ABBANDONO E IL RITORNO ALLA MONTAGANA
Nessuno era riuscito a cacciarli via. Non la povertà dell’Ottocento, né il massacro delle due guerre mondiali. Non la miseria del dopoguerra, né l’emigrazione. Non erano state la fame, le malattie, le alluvioni e nemmeno i terremoti.
Se n’erano andati dalla loro montagna perché l’avevano voluto, uno alla volta, lungo la strada asfaltata. In fondo alla valle c’era qualcosa alla portata di tutti.
Il lavoro. Il benessere. E pareva meglio di quanto avessero mai avuto.
Vita e morte della montagna è la storia di un abbandono, è la storia di intere generazioni sradicate dalla montagna, per un sogno alla fine disatteso. È una storia di fughe e ritorni alla propria terra, mai narrata prima.
L’INDICE DEI LIBRI
“Bortoluzzi racconta con sofferente pietà e straordinario vigore espressivo la fine dolorosa di un’epoca di cui non tutto è da rimpiangere, ma di cui qualcosa avrebbe dovuto essere salvato. Un romanzo forte, intenso e direi necessario”.
Margherita Oggero, Torino, giugno 2013.
La civiltà di un piccolo mondo di Mariapia Veladiano
“Nessuno sa dov’è il pericolo, prima. Tutti lo sanno dopo, quando è passato. O ti è passato sopra”. Qui lo dice nonno Iaco Casàl che parla del mondo durissimo di chi come lui abitava la montagna, fino a non molto tempo fa, ma è così sempre, anche in pianura, anche in città, anche in questi giorni.
Eppure.
Eppure è diverso affrontare la bufera oggi. Perché si è soli. È straordinario come tutto, proprio tutto, venisse ricompreso, assorbito, accolto, nel piccolo mondo di Curva Casàl raccontato da Antonio G. Bortoluzzi. Anche la tragedia dell’alluvione, che si porta via le case, ma insieme vengono ricostruite. Una banca del tempo spontanea, che non prevede interessi: un’ora, cento, duecento ore di lavoro per costruire la casa a te, e le stesse ore tu mi dai per costruire la casa a me. La vita è tremenda, nessun romanticismo, chi scrive parla di storie che ha vissuto, un po’ trasfigurate come deve essere, ma si riconoscono. La povertà c’era, il lavoro era troppo, ma era un lavoro con un ritmo di natura, non quello di oggi che si mangia la vita intera e chiuso nei capannoni della pianura non sa nulla delle stagioni. Non sa della neve, del freddo, del caldo. Solo lavoro. E se vien meno il lavoro, vien meno la vita.
Come abbiamo potuto? Se lo chiede il protagonista della storia, ce lo chiediamo noi.
La scrittura quando è bella e accompagna una narrazione bella ha una qualità anche morale che va riconosciuta e amata perché ci permette di leggere la nostra vita e di difenderla dall’idea facile e devastante che ormai è troppo tardi, il mondo va così… Questo romanzo struggente e vero di Antonio G. Bortoluzzi ha la qualità morale del bello e lo si chiude con il desiderio di dire sì, si deve poter credere che possiamo far meglio, possiamo insieme passare le bufere e trovare “tempo perfino per il sole”.
Le Dolomiti e la diga a doppio arco erano cose grandiose. Giacomo pensò che sotto alle cose incredibili e belle c’è sempre qualcosa di terribile. E più sono magnifiche e peggiore è il loro segreto.
Galleria fotografica
Il trailer di "Vita e morte della montagna"
La rassegna stampa di "Vita e morte della montagna"
"Vita e morte della montagna" incipit e traduzione in inglese di Parallel Text
Gent.mo Sig. Casàl Giacomo
Oggetto: Risoluzione del rapporto per giustificato motivo oggettivo.
Con la presente siamo spiacenti di comunicarLe che, nonostante tutti gli sforzi messi in atto da questa azienda, la crisi produttiva non solo perdura ma si sta aggravando. Non essendo in grado di prevedere nel breve e medio termine una ripresa produttiva significativa siamo costretti a risolvere il suo rapporto di lavoro per GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO.
La presente vale come preavviso di licenziamento.
Nel ringraziarLa per la collaborazione ci è gradito porgerLe i più cordiali saluti.
La casa, parte I
Giacomo Casàl avanza barcollando con le braccia alzate in mezzo all’erba alta. Le ortiche sono cresciute come canne di palude e arrivano alle finestre della casa. Gli scuri sono marci e uno penzola quasi staccato mostrando i vetri rotti. L’ampia tettoia della legna è crollata su se stessa. La fontana è colma di foglie e muschio e l’acqua tracima perdendosi al suolo. È rimasta in piedi solo la recinzione arrugginita del pollaio, ma non c’è più un dentro né un fuori, le ortiche sono ovunque, senza distinzione, senza senso.
Giacomo si fa largo tra le erbacce e si siede ansimando sui gradini di pietra davanti alla porta della vecchia casa. La superficie è asciutta e calda del sole di mezzogiorno.
Non viene quassù, in questo borgo di montagna abbandonato, da...
Incipit of "Life and death of the mountain"
Dear Mr. Giacomo Casàl
Re: Termination of employment for justified objective motivation
It is with deep regret that we must inform you that notwithstanding the efforts put forth by this company, the significant drop in production has not only continued but increased. Being unable to insure an improvement in production in the near or distant future, we are forced to terminate this contract of employment for JUSTIFIED OBJECTIVE MOTIVATION.
We confirm that this is a notice of termination.
We thank you for your collaboration and we wish you all the best. Sincerely.
The house, part I
Giacomo Casàl staggers arms raised through the tall grass. The nettles have grown like reeds in a marsh and reach the windows of the house. The shutters are rotted and one hangs loosely, uncovering broken panes. The large roof over the wood pile has caved in. The fountain is full of leaves and moss and the water overflows losing itself in the dirt. The rusty old chicken fence is the only thing left standing, but there is no longer an inside or outside; the nettles are everywhere, without distinction, without purpose.
Giacomo makes his way through the weeds and sits panting on the stone steps outside the door of the old house. The surface is dry and warm in the midday sun.
He hasn’t been up here, in this abandoned mountain village, in...
Translation by ©MatiColarossi
I link di "Vita e morte della montagna"
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traduzione - Parallel text, di M. Colarossi
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