Marmolada, parete sud: ph Francesco Cerpelloni 03 luglio 2022
La foto della parete sud della Marmolada è stata scattata dal fotografo di montagna e paesaggio Francesco Cerpelloni la mattina del 3 luglio 2022, di lì a poco, sul versante opposto, sarebbe accaduta la tragedia.
Lassù sulla Marmolada, il 3 luglio del 2022, è stato necessario recuperare e ricomporre i corpi, quindi identificare le salme, aprire il cuore al dolore immenso, allo strazio della perdita irrimediabile dei propri cari. La rabbia, la paura, l’emozione, e quindi i tentativi di riflessione non dovrebbero mai far scordare il grande insegnamento della montagna: l’umiltà e il valore di ogni vita che sale in quota.
La febbre della Terra
Il riscaldamento globale è un fatto e non possiamo dire “Mi ricordo la siccità della primavera-estate del 2003, il gelo del gennaio del 1985”, non è su questa memoria individuale che ci si confronta: il riscaldamento globale non è un mi pare, un mi sembra, perché la temperatura del pianeta sale in fretta e l’impatto delle attività della specie umana è determinante. Però dobbiamo provare a essere sinceri e umani, quando l’umano si esprime anche come comprensione di noi stessi e del nostro stare al mondo. E allora il riscaldamento globale non può essere il nuovo dio potente e folle cui attribuire ogni responsabilità, perché sempre nella storia e preistoria della nostra specie gli uomini, le donne, le comunità hanno tentato di difendersi, proteggersi, adattarsi di fronte al pericolo: provare a prevederlo, contenerlo, anche quando era immenso come una foresta, un vulcano, una montagna. Riuscendo o fallendo, riprovandoci, imparando dagli errori, poggiando sulla narrazione del male, sull’aspirazione al bene, sul ricordo del passato e sulla rappresentazione del futuro.
La passione per la montagna
A mano a mano che l’industrializzazione, la modernizzazione, l’organizzazione sociale hanno reso abbastanza calcolabile il futuro si è avvertita l’esigenza dell’avventura, della sfida, del superamento del confine del mondo urbanizzato. Pensiamo alla magnifica letteratura americana, Jack London su tutti: via dalla città, dalla fabbrica, da una vita imprigionata per gettarsi dentro il cuore del selvatico, dell’inesplorato alla ricerca di una libertà primigenia. In Occidente la montagna e l’alta montagna hanno fatto al caso nostro. E dopo i raccoglitori, i cacciatori, i contrabbandieri, gli studiosi, i soldati, i partigiani – che l’hanno frequentata “per stretta necessità” –, in montagna è arrivata “la gente”.
E la gente siamo noi, è l’amico e l’amica, la persona speciale con cui ci piace parlare di montagna, di quel sollevarsi in quota, passo dopo passo, come i nostri antenati cinquemila anni fa. Un salire in alto che è come un migrare, un andare al Grande Nord, incontro a un mondo che era prima di noi.
Marmolada, parete sud da Cima Ombretta, autunno: ph Francesco Cerpelloni
Le vittime della montagna
Immaginiamo una domenica qualsiasi al compimento di una settimana di lavoro, impegni, fatica con un vago senso di catastrofe imminente (dopo la pandemia è arrivata la guerra a Est). E quindi via, fuori da uffici, fabbriche, cantieri, negozi, call center, mezzi di trasporto pubblici e privati, paesi e città e andiamo tutti e tutte in montagna, per respirare. E “respirare”, anche in senso metaforico, non è mai una banalità.
Quando arriva la nostra domenica abbiamo già fatto incetta di video e foto di tramonti, albe, laghi, vette, rugiade, nevi, arcobaleni, esperienze a colori di un mondo in pixel che ci conquista attraverso la televisione e i social e ci conduce alla montagna con aspettative, desideri, immaginari che si cominciano a formare dentro di noi ancora prima di indossare gli scarponcini, ancora prima di comprarli.
Alle volte scordiamo che la montagna è da sempre crepaccio, tempesta, torrente impetuoso, smottamento, seracco, distacco, slavina. L’apparente solidità e quiete di un monte è un abbaglio. Perché ciò che si erge di fronte a noi è il frutto di un movimento geologico di milioni di anni, il risultato di una potenza di sollevamento inimmaginabile, cui è seguito il lento e incessante lavorio degli agenti atmosferici che l’hanno forgiato così come oggi la vediamo e diverso da come verrà visto in futuro.
Un passo indietro: i morti in montagna e i morti sul lavoro
È con questi dati che proviamo a comprendere una proporzione.
Nel 2023 il Centro Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) ha soccorso 12.365 persone, 491 sono quelle decedute; sempre nel 2023 le denunce di infortunio sul lavoro sono state 585.356, di cui 1.041 sono stati gli infortuni mortali.
Questi dati sono messi a confronto per dire che queste morti sono tutte inaccettabili e poi perché riguardano persone in salute e con un'ottima aspettativa di vita. In Italia ci sono oltre 25 milioni di lavoratori e lavoratrici (occupate per 11 mesi l’anno, per 5-6 giorni la settimana), e dentro questo grande lavoro collettivo che tiene in piedi il Paese e produce tutto ciò che serve per vivere, 1.041 persone hanno perso la vita nel 2023: ma che proporzione è quella che ci mostra 491 vittime in montagna nello stesso periodo?
Marmolada, parete sud, bivacco Dal Bianco, autunno: ph Francesco Cerpelloni
Questo confronto significa che si deve vietare la montagna e ogni attività ricreativa? Sarebbe come dire che non dobbiamo più lavorare perché ci sono i morti sul lavoro, no, è più complicato e serve l’impegno di tutte e di tutti: si deve andare al lavoro e bisogna tornare a casa vivi per riabbracciare i propri famigliari, si può andare in montagna e si deve far ritorno per raccontare ciò che si è visto, provato, imparato. E quello che dobbiamo fare da subito è un grande bagno di umiltà, perché la nostra ascensione, di qualunque grado e difficoltà non è più dentro il Settecento dei Lumi, l’Ottocento dell’esplorazione, il Novecento della grande impresa alpinistica e se la maestosità di una vetta non induce il sano timore che apre all’umiltà, se l’esperienza personale e collettiva non ci fa imparare dagli errori, se la fatica del passo dopo passo non ci mette in relazione con gli altri, allora siamo perduti.
E poi, come possiamo pensare di poter contrastare il riscaldamento globale, che riguarda miliardi di persone in tutti i continenti, attuando politiche severe per questa sfida immensa, se tra le persone che amano, frequentano, studiano la montagna non c’è al primo posto il valore della vita, di ogni vita che sale in quota e deve far ritorno a casa?
L'articolo dal titolo "Il clima violato, il valore della vita, la Marmolada ci insegni l'umiltà" è stato pubblicato il 13.08.22 sulla pagina Cultura&Società dei quotidiani il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia, il Corriere delle Alpi. I dati relativi alle vittime in montagna e sul lavoro sono aggiornati al 31.12.2023.