ci vediamo alla fine del mondo

– Che cosa sta facendo?
– Angio… mmm, buone.
– Ma quante pizzette s’è infilato in bocca?
– Attro.
– Quattro? Ma come si permette!
– Vevo fame.
– Per favore, se ne vada, prima che arrivi qualcuno.
– Non me ne vado, no.
– Senta, di là c’è la premiazione, e con il rinfresco abbiamo già avuto un sacco di problemi.
– Tu hai problemi? Ma senti un po’.
– Io non capisco chi è lei e nemmeno cosa vuole, ma deve uscire di qui. Immediatamente.

– Neanche per sogno. Adesso mangio e me ne sto un po’ qui: mi piace guardarmi attorno. Magnifico.
– Ma lei chi è?
– Edicesimo.
– Per favore non parli con la bocca piena. E guardi che ha della salsa sul mento.
– Sono il tredicesimo finalista.
– Ma sono dodici.
– Appunto, ma avrebbero potuto essere tredici, no? oppure avrei potuto esserci io tra i dodici. Buona questa pasta sfoglia. Dov’è il vino?
– Adesso basta. Lei non è normale.
– Vuoi dire che sono squinternato, sbalestrato, disturbato? È vero, squisitamente vero. Ma c’è un motivo: t’immagini uno che scrive un romanzo, non un raccontino azzeccato, che quello magari con un po’ di fortuna…
– Deve uscire di qui.
– Ma un romanzo, come quelli veri, di duecentoventitré cartelle in corpo dodici e questo signor qualcuno lo scrive bene, stando attento alla psicologia dei personaggi, all’intreccio, alla lingua e senza perdere di vista il centro della storia: e poi le revisioni. Sette revisioni. Ad agosto dell’anno scorso, ero sotto l’ombrellone con le pagine che mi accecavano, e i bambini intorno che facevano casino e io…
– Abbassi la voce.
– D’accordo. Cosa c’è in quelle coppette con il cucchiaino di plastica trasparente?
– Ma lasci perdere. Lei ha partecipato al premio?
– E mi hanno fatto fuori.
– Mi spiace.
– A chi lo dici. Quando non mi sono visto sulla home page ho quasi pianto dal nervoso e mi è scappata una bestemmia a mezza voce. C’era mia figlia che faceva i compiti di matematica sul tavolo e fissandomi negli occhi mi ha chiesto: Che hai papà? io ho minimizzato, allora mi ha chiesto se poteva fare una pausa e guardare il dvd delle Winx. Mentre andava alla tele mi ha detto che le sue compagne di scuola l’avevano cacciata dal Winx club, e io non sono riuscito nemmeno a consolarla, stavo lì ipnotizzato a guardare la pagina, leggendo e rileggendo i titoli dei romanzi finalisti e alcuni erano insulsi, ma insulsi forte.
– Senta signor… non so nemmeno il suo nome. La imploro, esca. No! Non si azzardi a toccare il vino.
– Ne ho tutto il diritto. È un festa, no?
– Cazzo! Ha macchiato la tovaglia!
– Scusa, non ho fatto apposta. Toh, ci mettiamo sopra il vassoio. Ecco fatto. Però stasera non sono così a terra. Sarà per un’altra volta, mi dico.
– Ci sarà sicuramente un’altra occasione.
– Sai che io, in realtà, non voglio scrivere? Cioè, vorrei essere uno scrittore, e magari fare il colpo gobbo, azzeccare un vero best seller, tipo Il giovane Holden, che il titolo vero è The Catcher in the… qualcosa, e poi sparire come Salinger. Farmi gli affari miei, andare a passeggio con il mio cane: si chiama Jack, come London, come Kerouac. Insomma, per me scrivere è una faticaccia, e non so se mi piace così tanto. Quello che voglio di sicuro è fare lo scrittore, con gli autografi, le presentazioni, le ragazze, vabbe’ signore, non sono nemmeno io di primo pelo. E mi piace raccontare delle cose che ho scritto: tipo dove mi è venuta in mente quella scena, a chi mi sono ispirato per quel dialogo.
– Finisca quel vino e se ne vada!
– Salute. Lo sai che una volta ho perfino sognato di vincere? Ho sognato che ero premiato e tutti applaudivano e era bellissimo. Avevano letto un brano che avevo scritto diciotto mesi prima, e tutti, nella sala, lo ascoltavano in silenzio. Ero estasiato e felice e mi sembrava che non sarei mai morto. Nel sogno baciavo tutti i giurati e anche quelli del comitato di lettura e loro mi davano pacche sulle spalle e mi sorridevano. Mi hanno chiesto di dir qualcosa al microfono e io me ne sono uscito con la faccenda del cane.
– Del cane?
– Sì. Pressappoco ho detto: io vorrei essere un cane, vorrei scrivere come un cane, avere i sui denti bianchi e il suo istinto e infilare il muso dappertutto, merda compresa; perché tutti gli odori sono buoni e interessanti per il cane e io cerco di essere così, essere un animale e infilarmi ovunque, in tutte le storie e annusarle e morderle e sbavarle e…
– Intanto si è infilato al rinfresco.
– Pensa se venivano tutti i trecentosettantadue partecipanti. E lasciami il braccio, grazie.
– E tutti volevano raccontare a me la loro storia.
– Ma tu sei dell’organizzazione?
– Sì, gran parte del catering l’ho preparato io.
– Complimenti. Tutto quello che ho assaggiato è eccellente.
– Grazie. Mi sono alzato presto stamattina. Ha provato il vol-au-vent ai porcini?
– No.
– Prenda.
– Mmm, delizioso. È come infilare il naso nel sottobosco e respirare. Sento il muschio, le foglie, la corteccia marcia degli alberi e Generale di De Gregori: Dietro la collina non c’è più nessuno solo aghi di pino e silenzio e funghi buoni da mangiare, buoni da seccare, da farci il sugo quando viene Natale…
– Ssst! La smetta di cantare. Vuol farmi licenziare?
– Scusa, mi sono lasciato andare.
– Davvero ha sentito tutto questo nei miei vol-au-vent?
– No, però mi sono immaginato che ci doveva essere qualcosa di più. C’è sempre qualcosa in più.
– Si sente che lei è un po’ scrittore.
– Come un po’ scrittore? Vuoi attaccar briga?
– Intendevo dire che è bravo, che ci sa fare con le parole…
– Se fossi davvero bravo sarei di là con i fenomeni. Senti che razza di applausi. E ridono, anche. Che cazzo avranno da ridere?
– Lei è simpatico, però adesso deve uscire.
– D’accordo. Solo una cosa, lei legge?
– Certo che so leggere, per chi mi ha preso.
– Intendo libri.
– Due anni fa ho letto un libro sui maya e sul 2012 che viene la fine del mondo. Ma poi mi sono stufato a leggere di disgrazie. Però ho capito che i maya avevano previsto tutto.
– Mi hai fatto venire in mente che potrei scrivere un romanzo su uno scrittore, uno un po’ sfigato, tipo Arturo Bandini, che finalmente nel 2012 vince il premio Calvino e la sera stessa viene la fine del mondo. Aspetta: mi vedo Torino squarciata con l’acqua che entra in piazza Vittorio e sale per via Po e le mummie del museo egizio che galleggiano serafiche come gondole a Venezia…
– Cazz… stanno arrivando. Di là, via, presto!
– Sì sì, vado. Grazie. E complimenti per il catering. Mi metto subito a lavorare al nuovo romanzo. Ci vediamo, ci vediamo alla fine del mondo!

"Ci vediamo alla fine del mondo” - Rubrica "Diari" dei finalisti del Premio Italo Calvino